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OLTRE L’OSTACOLO
In Italia si contano oltre 1 milione di poveri assoluti in più rispetto al prepandemia, arrivando al valore record di persone in stato di povertà assoluta, 5,6 milioni (pari a 2 milioni di nuclei familiari).
L’incidenza delle famiglie in povertà assoluta si conferma più alta nel Mezzogiorno (9,4%), anche se la crescita più ampia, registrata da un anno all’altro, si colloca nelle regioni del Nord (dal 5,8% al 7,6%).

Dal Rapporto povertà 2021

Il 12 Ottobre 2014 Padre Francesco Zirano, frate francescano conventuale nato agli inizi del 1564, è stato beatificato.

La celebrazione eucaristica con il rito di beatificazione si è svolta a Sassari.
Tutte le informazioni sulla vita e le opere puoi trovarle sul sito www.beatofrancescozirano.it

Per vedere lo spot ufficiale, clicca qui. Galleria fotografica beatificazione e parole di Papa Francesco.

Cronostoria

1564-1586. Il beato Francesco Zirano nasce agli inizi del 1564 da genitori cristiani di modeste condizioni economiche. Ammesso trai Frati Minori Conventuali nel convento di Santa Maria di Betlem, a Sassari, vi emette la professione religiosa nel 1580. Nel 1586, 31 maggio, diviene sacerdote.

1586-1602. Presso la chiesa di Santa Maria dove esercita il suo ministero sacerdotale, il beato è stimato particolarmente per la sua carità. Questa virtù lo porta ad accogliere l’ispirazione divina che lo chiama ad intraprendere la missione di redentore dei cristiani tratti in schiavitù dai corsari di Algeri, tra i quali si trova dal 1590 anche fra Francesco Serra, suo cugino e confratello. Nel 1599 papa Clemente VIII lo autorizza ad raccogliere offerte per riscattarlo, per poi recarsi personalmente ad Algeri.

1602-1603. Il 28 luglio 1602 il beato giunge in Africa in compagnia di padre Matteo de Aguirre, già a lungo schiavo ad Algeri ma ora ambasciatore del re di Spagna presso sid Amar, re di Cuco (odierna Cabilia). Il 21 agosto raggiunge Algeri, trovandovi una situazione critica e avversa ai cristiani a causa della guerra che sta per scoppirare tra il regno di Cuco (appoggiato dalla Spagna) e la reggenza turca di Algeri. Per questo il beato lascia la città e tornando al regno di Cuco si limita a portare liberi con sé quattro schiavi cristiani. Scoppiata la guerra, dopo una battaglia vinta dal re sid Amar, il beato Francesco Zirano viene inviato in Spagna a portare la lieta nuova al re Filippo III. Ma tradito dai mori che lo accompagnano, è consegnato ai soldati turchi che lo conducono incatenato ad Algeri. Qui il pascià Soliman, cristiano rinnegato, lo rinchiude nel carcere del suo palazzo fissandone il possibile riscatto in 3.000 ducati d’oro, equivalenti al prezzo di 17 schiavi. All’annuncio del cugino schiavo che lo visita segretamente e l’informa che forse sarà bruciato vivo, il beato esclama: “Piaccia a Dio che io mi veda bruciato per essere cristiano”. Un tentativo dei giannizzeri di inviarlo al Sultano in Costantinopoli fallisce per l’opposizione del pascià. Al nuovo annuncio datogli dal cugino il 24 gennaio che l’indomani sarà giustiziato, egli così prega: “Piaccia a Dio che con la mia morte i rinnegati riconoscano quanto male han fatto rinnegandolo tra questi infedeli”.

25 gennaio 1603. La lotta serrata del giorno prima nel Gran Consiglio di Algeri – tra i giannizzeri che ne vogliono la morte e il solo pascià che lo vorrebbe vivo per incassare i soldi del riscatto – termina la mattina con la crudele sentenza: sarà scorticato vivo, poi la pelle ricucita sarà affissa alla porta più frequentata della città. All’annuncio della sentenza il beato non si abbatte bensì ringrazia Dio perché l’ha reso degno di testimoniarlo. Ciò induce i messe a proporgli: avrai salva la vita se ti fai maomettano. Al suo netto rifiuto, è condotto in catene al patibolo, ma lui cammina assorto in preghiera. Lungo il tragitto, alla rinnovata proposta di rinnegare la fede cristiana, rispondo che essa è l’unica fonte di salvezza. Giunto fuori porta Babason e sistemato per l’esecuzione della sentenza, respinge l’ultima proposta di abbandonare la fede con le parole inizialmente riferite. Affronta i tormenti della crudele esecuzione recitando il cantico biblico dei tre fanciulli e invocando Gesù, Maria e san Paolo apostolo. Muore pronunciando le parole di Gesù: “Nelle tue mani, Signore, consegno il mio spirito. Segue l’atto finale della sentenza: la sua pelle è ricucita, riempita di paglia ed affissa alla porta Babason. Vi rimarrà sino a che non la butteranno i venti e le tormente dell’autunno successivo.

 

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