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OLTRE L’OSTACOLO
In Italia si contano oltre 1 milione di poveri assoluti in più rispetto al prepandemia, arrivando al valore record di persone in stato di povertà assoluta, 5,6 milioni (pari a 2 milioni di nuclei familiari).
L’incidenza delle famiglie in povertà assoluta si conferma più alta nel Mezzogiorno (9,4%), anche se la crescita più ampia, registrata da un anno all’altro, si colloca nelle regioni del Nord (dal 5,8% al 7,6%).

Dal Rapporto povertà 2021

Chi lavora nella Caritas parrocchiale?

È esperienza comune che ci siano, in parrocchia, una o più persone che affiancano il parroco nella cura e nella realizzazione di queste tre dimensioni. Sono gli “operatori” pastorali, coloro che “fanno” (opera) concretamente qualcosa. Dopo il Concilio Vaticano II, la pastorale si arricchisce di una nuova figura: colui che “fa perché altri facciano“, o meglio, “fa, per mettere altri nelle condizioni di fare“. È l’animatore pastorale. La Caritas parrocchiale, presieduta dal parroco, è costituita da figure di questo tipo: un gruppo di persone (ma nelle piccole comunità può trattarsi anche di una sola persona) che aiuta il parroco sul piano dell’animazione alla testimonianza della carità più che su quello operativo di servizio ai poveri. L’obiettivo principale è partire da fatti concreti- bisogni, risorse, emergenze- e realizzare percorsi educativi finalizzati al cambiamento concreto negli stili di vita ordinari dei singoli e delle comunità/gruppi, in ambito ecclesiale e civile (animazione).
A fronte di un equivoco diffuso, diciamo che tutti i cristiani sono chiamati alla carità ma non tutti fanno parte della Caritas parrocchiale che, ripetiamo, non è un’associazione e non ha soci, ma è uno strumento pastorale che mira a favorire la fedeltà al Vangelo dell’intera comunità cristiana.
È opportuno che i membri della Caritas parrocchiale:
– rappresentino il più possibile le varie componenti del popolo di Dio (sacerdoti, religiosi, laici), le varie età, le varie condizioni sociali della comunità parrocchiale;
– non provengano esclusivamente dai gruppi caritativi della parrocchia;
– (almeno una parte di loro) siano già inseriti nella vita della comunità parrocchiale in modo da conoscerne il cammino, le necessità e le abitudini;
– cambino periodicamente dei volontari per un rinnovo di idee e per un allargamento di responsabilità;
 bene fare in modo che:
– sia identificato un responsabile che svolga il lavoro di coordinamento e di segreteria e tenga i rapporti con la Caritas diocesana;
-il parroco, in quanto responsabile ultimo della vita della comunità, partecipi alle sue riunioni.
La cosa più importante è la qualità del servizio prestato, non il numero dei volontari che lo svolgono.
È necessario quindi garantire ai membri della Caritas parrocchiale una formazione costante che favorisca la maturazione di orientamenti comuni (almeno sulle cose essenziali) e che assicuri l’acquisizione di una metodologia di lavoro consona agli obiettivi. Al di sopra di quanto detto, il criterio guida per l’individuazione dei membri della Caritas parrocchiale rimane quello della ricerca e della valorizzazione dei carismi personali.

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